Classe del '92, nato ad Agrigento, nel 2010 apre un suo blog:Edoardo Alaimo, per gioco. La moda ha sempre fatto parte della sua vita, una passione legata al concetto di stile e di bellezza. Bellezza che lui stesso definisce: linfa vitale per l'animo.
Appassionato di fotografia e attento al mondo dei social, quello però ricco di contenuti e di qualità.
Nell'intervista, che segue, ci spiegherà la sua storia, l'apertura del blog e il business della moda con la nascita dei bloggers e degli influencers.
- Laureato allo IED di Milano in fashion marketing e all’università “Sapienza” in comunicazione pubblica e d’impresa con il massimo dei voti. Quando e come nasce l’idea del sito web?
L’idea del primo sito nasce, per caso, nel 2010. Una cara amica mi suggerì di aprire uno spazio in cui condividere i miei consigli di stile principalmente legati alla moda. Così, senza minimamente pensare o immaginare che un giorno sarebbe diventato il mio lavoro, ho aperto un blog in cui condividevo le mie foto, recensivo prodotti ed oggetti che sapevo apprezzare. Quel blog piano piano mi ha dato tante soddisfazioni, fino a diventare nel 2014 un vero e proprio portale lifestyle. Oggi, con il mio team, parliamo di lusso, tendenze e viaggi. Il tutto con persone altamente qualificate che scrivono e si confrontano con i miei follower. Per quanto riguarda lo spazio dedicato ai miei look, gli articoli sono integralmente scritti da me e continuano ad essere tra gli articoli più seguiti.
- Nella sua tesi di laurea ha analizzato il fenomeno dei bloggers and influencers e il loro rapporto con la moda e il lusso. Dalla sua tesi è passato qualche anno, crede sia cambiato la concezione di queste due figure, nate con l’avvento di Internet?
Credo che il concetto di bloggers e influencers inteso come professione vera e propria, da allora, si sia ulteriormente rafforzato. Quando scrissi la mia tesi, seppure due anni fa, già non era ritenuto un fenomeno ma una realtà concreta e con un modello di business preciso. Oggi ci stiamo spostando sempre più verso un concetto di influencer e meno di blogger. Un numero crescente di ragazzi che non possiedono appunto un blog, influenzano la brand image di una marca con la loro visibilità sui social networks. Sicuramente ritengo, in merito alla professione di influencer ma valuta anche per i blogger, che bisogna avere una formazione solida dietro e non solo per comprendere la realtà digitale e il mercato in cui viviamo ma anche per saperlo affrontare in modo da garantire un tipo d’informazione di qualità e che dia rilievo alle professioni 2.0 citate.
- Nel corso degli anni è stato insignito di alcuni importanti premi: nel 2013 “fashion bloggers dell’anno” secondo “Alta Roma” e nel 2014 si è classificato in 3° posizione agli FB Awards. A cosa crede siano dovuti tali premi?
Io mi preoccupo di svolgere il mio lavoro nel miglior modo possibile, semplicemente ( sorride ndr ). Non inseguo il successo, i premi o la visibilità, se non in relazione ad un concetto qualitativo. Certamente ritengo importante avere dei riconoscimenti per il proprio lavoro in quanto gratificante e dà la percezione della stima degli altri. Ci tengo a ribadire e chiarire il concetto del non avere smanie di popolarità. Vedo molti colleghi e pseudo tali rincorrere fotografi o andare a caccia di notizie per essere protagonisti effimeri del web. Io (mi) dico sempre: " piedi a terra e ben saldi sono la condizione essenziale per costruire realtà solide, anche se digitali”.
- Nel suo blog si concentra su uno dei temi più importanti per il nostro paese: il lusso del “Made in Italy”. In un recente sondaggio si è dimostrato come la nostra sartoria e le nostre case di Moda siano ritornate al centro del mondo della moda. I pareri nati al riguardo sono due e in contraddizione tra loro:” Il made in Italy” ha sempre rivestito un ruolo principale e, nel caso apposto, si è tornati a fare la vera moda italiana. Lei in quale dei due gruppi si schiera?
Il “Made in Italy” da sempre riveste un ruolo principale nella scena internazionale. Oggi più che mai, grazie al ritorno del concetto dell’artigianalità presente in Italia e che forse si era un po’ persa a dispetto del prèt à porter, anche di lusso ( aggiunge dopo una pausa di riflessione ndr ). La gente è stanca di vestiti e accessori che alla fine omologano e preferisce, di gran lunga, investire in pezzi sartoriali e artigianali che creano il reale valore dell’oggetto, nobilitandolo.
- Oltre al blog lavora per la rivista “Glamour”. Attualmente tra i magazine di moda più letti in Italia. Quant’è cresciuto in questa sua esperienza? E come cambia il lavoro tra lo scrivere in un blog e lo scrivere per un giornale così importante del gruppo Condè Nast?
Sono “Beauty reporter” su Glamour da due anni e, per la rivista, seguo una rubrica personale collegata al mio sito. Sono molto felice di questa collaborazione che mi dà la grande opportunità di cimentarmi nel settore della bellezza rispettando però quello che è il mio punto di vista. Consiglio ai miei lettori solo il meglio dell’alta profumeria, dello skin care, nonché visito per loro le più belle spa del mondo fornendo una guida obiettiva per le loro prossime “evasioni di stile”.
- Oltre al blog, al lavoro per “Glamour”, ha deciso di fondare una sua agenzia ( Edoardo Alaimo Agency ndr ) con una particolare attenzione per la comunicazione digitale. In un’epoca come la nostra, è possibile avere successo nel campo dell’imprenditoria ed essere “anti-social”?
La mia agenzia si fonda proprio sul concetto di personal brand digital. I social sono il presente e il futuro, per qualsiasi tipo d’azienda che oggi voglia raggiungere un pubblico. Essere anti social equivale a definirsi anti - tv, impossibile in tempi come questi. Spiegando meglio: nel nostro quotidiano vorrebbe dire essere anacronistici e non avere la percezione della realtà. Con i miei clienti, che non sono solo aziende nel settore della moda, beauty e lifestyle (food & amp; hotel di lusso ) ma anche professionisti e personaggi pubblici, mi occupo di costruire e amplificare, attraverso il mezzo digital, la loro visibilità on-line che coinvolge inevitabilmente l’off line, generando quindi profitti concreti e non virtuali.
- Tornando allo stile, quale sono i capi che nel suo armadio non possono mancare?
Sicuramente mocassini, sciarpa, gold di cachemire, giacche doppio petto e uno smoking di raso.
- Ha più volte definito lo stile italiano come filosofia di vita. L’avvocato Agnelli sosteneva l’importanza dell’educare le persone al bello, lei con il suo blog cerca in qualche modo di educare i suoi lettori alla ricerca della bellezza?
Dostoevskji diceva che la bellezza - un giorno - avrebbe salvato il mondo; lo credo con tutto me stesso ( accenna ad un sorriso ndr ).
Nella mia visione, essa non risiede unicamente in oggetti ma in luoghi, in persone e sopratutto nell’habitus interiore permettendoci di ricercare la bellezza intorno e dentro noi. La bellezza è ristoro e linfa vitale per l’animo.
Nella mia visione, essa non risiede unicamente in oggetti ma in luoghi, in persone e sopratutto nell’habitus interiore permettendoci di ricercare la bellezza intorno e dentro noi. La bellezza è ristoro e linfa vitale per l’animo.
- 5 marchi o case di moda che ritiene fondamentali per avere uno stile accuratamente italiano
Per le calzature: A. Testoni, solida azienda bolognese famosa per una lavorazione totalmente artigianale e per lo stile ineccepibile.
Per le giacche e capiscala: Ernesto, made in Parma dalla fattura eccelsa e dai tessuti particolarissimi.
Per capi speciali: Carlo Pignatelli, riesce a vestire in modo mai banale e con quell’estro delicato, mai estremo, che si addice all’universo maschile.
Per il cachemire: Loro Piana, unico e senza competitori nella lavorazione del cachemire.
Per tutte le occasioni: G.Armani, vero re della moda e dell’allure italiana senza tempo.
- Se dovesse descrivere il suo stile con 4 aggettivi quali utilizzerebbe?
Intelligente, di classe, sofisticato e mai banale.
- Cosa non indosserebbe mai per un colloquio di lavoro?
Dipende dal tipo di lavoro per il quale ci si stia candidando. Ad ogni modo, felpe o abbigliamento eccessivamente casual sono da evitare per un colloquio di lavoro. Non si deve neppure essere eccessivamente formali, quindi evitare abiti particolarmente estrosi. Sicuramente è bene vestire dei panni che ci fanno sentire a nostro agio e che, in un certo modo, ci appartengono. Indossare un vestito elegante se poi non si è abituati ad indossarlo nel quotidiano, ci renderebbe “impacciati” o “maldestri”. Suggerisco quindi di “sentire” i capi che si indossano, così da essere liberi e disinvolti.
- In uno dei suoi ultimi post si chiede se l’amore vero esista, concludendo con una frase:” Abbiamo davvero bisogno di ricorrere a palestre e beaty farm per piacere di più? Forse si.. Forse, in una società della non persona in cui siamo quello che appariamo”.
Il pensiero non è, in qualche modo, in contraddizione con il suo lavoro? Il blog, i suoi studi nella comunicazione digitali e l’agenzia sono principalmente basati su un’idea di: “apparire come” e questa società da lei giustamente definita “di non persone” è il frutto di un continuo giudizio, di avere modelle a portata di un click, del volere sempre di più per il nostro fisico, dimenticando poi il vero senso della vita: accettarsi, anche con l’idea di migliorarsi ma accettarsi.
Non credo si possa parlare di contraddizione. Semplicemente ritengo e ribadisco che oggi si dia eccessivamente importanza all’aspetto esteriore non curando il proprio animo. Il messaggio che molti media mandano è quello di curare il proprio aspetto, il proprio apparire, non facendo riferimento - in alcun modo - a coltivare il proprio spirito, i proprio valori. In questo modo, ci ritroviamo circondati da uomini scatola oggettivamente belli fuori ma con poco contenuto e alcun valore dentro. Ricollegandomi ai latini:” Mens sana in corpore sano”, il corpo è solo una parte dell’individuo. Per questo non c’è contraddizione.
La nostra forma fisica, il nostro “apparire” - di cui lei giustamente parla ( si rivolge a me ndr ) - devono corrispondere a quello che abbiamo, a quello che noi realmente siamo. Le nostre sembianze devono raccontare il nostro modo d’essere e oggi per molti queste sembianze raccontano il vuoto interiore.
La nostra forma fisica, il nostro “apparire” - di cui lei giustamente parla ( si rivolge a me ndr ) - devono corrispondere a quello che abbiamo, a quello che noi realmente siamo. Le nostre sembianze devono raccontare il nostro modo d’essere e oggi per molti queste sembianze raccontano il vuoto interiore.
Per amare gli altri bisogna prima amare se stessi, e quindi rispettarsi e valorizzarsi. Il vuoto e l’assenza del tempo contemporaneo, sono indice di un non amore della gente nei suoi stessi confronti.
Non vorrei dilungarmi ( aggiunge ndr ) ma il blog, i miei studi e l’agenzia non sono basati su un concetto d’apparire, tutt’altro. All’apparire deve corrispondere una solida realtà, non l’effimero.
- Un consiglio ai giovani che vogliono avvicinarsi nel settore della moda?
Lo dico sempre, ad ogni intervista, non smetterò di ripeterlo: bisogna crederci prima di tutto con sé stessi, completamente. Non bisogna aspettarsi riconoscimenti degli altri, almeno all’inizio. Guardate bene e sopratutto in lungo l’obiettivo, non perdetevi in piccoli- grandi incidenti del medio cammino. Ogni percorso intrapreso ha le proprie difficoltà, quello della moda è ricco di competizione e la rivalità è amplificata, in ogni forma. Guardate dritti per la vostra strada e non curatevi degli altri, solo così arriverete lontano.
Dal 2010 ad oggi, Edoardo Alaimo ha conquistato numerosi premi ma sopratutto ha confermato i suoi lettori. Il suo successo, ricollegato all'idea di qualità è l'esempio che nel mondo della moda, esistono persone che a distanza di anni ricordano le loro origini e rimangono con i piedi a terra e ben saldi.
Edoardo Alaimo su Glamour
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